lunedì, settembre 08, 2008

Un nuovo Bruno Pizzul?

da adesso giovannibinet udibile anche sulle frequenze di bet365.com

martedì, settembre 02, 2008

Il Brancher


Ho sempre pensato che, nella vita, crearsi delle aspettative sia controproducente: si vive costantemente nell´ansia di riuscire a rispettarle, e si rischia di non godere nulla del momento e del buono che la vita di dá. Fino ad adesso sono sempre riuscito ad evitare di pensare troppo a qualcosa che era pianificato, ho sempre schivato con cura tutte le emozioni che un'attesa porta con sé.

Ma con il brancher non ci sono riuscito: era troppa l'eccitazione, troppo l´entusiasmo per non fermarmi a pensare spesso al branco riunito per la prima volta per diverso tempo, al branco in spiaggia, al tramonto, per strada, la sera.
E cosí sono arrivato alla partenza del brancher nelle peggiori condizioni possibili: pieno di aspettative e teso, teso come una corda di violino. Non so se i miei compagni di viaggio, spesso poco indulgenti nei miei confronti (ma come biasimarli?), se ne siano resi conto. Sentivo addosso il peso dei desideri, l´ombra di quello che si attende, la paura di fallire.

Ma mi sbagliavo. Sporco, stanco, senza voce e quasi abbronzato: cosí mi sono presentato a Luna all´arrivo del brancher a Granada, un arrivo salutato da cordiali minacce di morte. Quella sabbia dovunque, quella maglietta sporca di crema solare, quella voce che sa di poco sonno e tanta stanchezza erano la mia prova, la prova che il branco aveva colpito ancora. Sí, gli occhi erano aperti appena, ma erano lucidi. Quella smorfia di malinconia non era altro che un buon segno, quel continuare a toccarsi, a parlarsi, a guardarsi per i vicoli dell´Albaizin non erano altro che piccole maniere di tentare di resistere, di trattenere quello che mi era rimasto dentro del brancher.
Ed adesso lo posso dire: al diavolo le aspettative. Che roba, il brancher!

Feffo ha giá raccontato con una maestria che ogni giorno mi affascina sempre di piú il nostro viaggio, le sue emozioni in mezzo a noi, con un piccolo diario che vedevo crescere ogni giorno. Non voglio quindi ripercorrere le tappe della nostra vacanza, ma mi piace pensare a piccole fotografie di quello che abbiamo vissuto insieme. Provo a scriverle qui sotto, sparse.

L´insediamento - Generalmente con il brancher non si parcheggia, non ci si ferma: ci si insedia. La procedura prevede un lungo e spesso penoso dibattito su dove sistemarsi, dibattito dal quale Ale generalmente si astiene e nel quale io di solito vengo prontamente zittito: poi ci si ferma, finalmente, ed in quel momento ha inizio un apperente caos. In sei ci muoviamo istericamente come delle formiche quando sono ammassate in un formicaio: sembra che nessuno sappia quello che stia facendo, ma in realtá non é sempre cosí. Ad esempio Fede sta modificando una playlist, Ale sta cercando qualcosa che ha perso, Sasha si sta lanciando sul letto, Stefano é sceso dopo essersi fatto un fettino di salame e sta mandando un messaggio scrutando l´orizzonte, Mattia si lava i denti e poi pulisce un po' mentre io imparto ordini a chiunque sfiori il mio sguardo. Ma é il momento in cui si fa sul serio, in cui ci prepariamo.

La cena - La cena é il momento che preferisco, il momento in cui vedo il branco muoversi come una orchestra perfettamente collaudata. Il russo ai fornelli rigorosamente senza maglietta, Mattia ai mojito, mentre rapidamente tra una fetta di salame e l´altra apriamo la veranda e montiamo tavoli e sedie con vista mare. Ed é uno spettacolo stare seduti in penombra, a scofanare piatti di pasta e brindare, a godere di un momento per noi, a pensare alla serata, a chiedere ad ale le tattiche giuste per muoversi nella fiesta, a dare dei motivi a Ste per prendere la rincorsa con il fiato quando mi chiama "The Cagaminchia". La cena é quando ci guardiamo in faccia, riprendiamo le forze, ci sediamo e buttiamo la testa all´indietro allungando i piedi, guardiamo il tramonto colorare il cielo e le nuvole, sentiamo le mucche dietro il campeggio, ci facciamo la doccia in spiaggia, beviamo una birra gelata, regoliamo il volume della musica. E pazienza se ogni tanto il russo tossisce, e tossisce, e tossisce.

La notte - La notte spesso é il centro di tutto, perché é magica, perché é lunga, perché la si aspetta tutto il giorno. Per me no. Per me é soltanto uno dei momenti da passare insieme, e la notte forse é quello che ci divide di piú, dove si puó scegliere se stare in disparte con qualcuno o anche da solo. Quella notte che viene preceduta da una meditazione collettiva e da una rapida vestizione con i pochi indumenti a disposizione. Un colpo di crema doposole divenuta proprietá comune, ed il branco é pronto a terrorizzare i banconi dei bar, dati i fiumi di vodkaredbull visti scorrere per le terre iberiche, fino ad una plaza de toros dove il padrino Fede ha istruito Ale di non si sa quali massime del mondo. Il branco ha cominciato in sordina le sue sortite notturne, spaventato dalle germane di turno, ma poi come un disco che ha solo bisogno di un colpetto per disincantarsi, al grido di "Manicones!" si é svegliato. Forse perché siamo proprio un branco di manicones, e cosa altro?

Il mare - Il mare lo vediamo tante volte, lo cerchiamo. La prima volta é una visione, é la consapevolezza che ci siamo, che siamo finalmente noi insieme per davvero veramente. E non resistiamo, mentre ci spogliamo ed in mutande ci lanciamo nell´oceano, con onde lunghe e potenti che non vogliono farci stare in piedi, delle nuvole enormi che cacciano via il sole, e sulla spiaggia di Biarritz respiriamo la magia della partenza, del mattino, di un'orizzonte che scrutiamo pieni di speranze, dell'acqua che sbatte contro la terra e crea una nebbia salmastra nella quale ci piace respirare. Mi ricordo anche del mare di Donosti, di quando un´onda mi voleva tenere giú, di quando per la prima volta parliamo tutti insieme, ed é uno di noi che chiede un poco aiuto, e io penso che il bello di stare insieme é proprio questo. E poi il mare di Tarifa, di nuovo con il sole basso, il sole del sud, questa volta al tramonto quando arriviamo, e capiamo che tutta la fatica non é stata vana, che se il russo passa la notte con il suo sciroppo allora é fatta. O le giornate in spiaggia, con Feffo che si cura come una modella, e mentre gli altri leggono o ascoltano musica a me piace non fare nulla, mi piace guardare. Guardare i miei amici, come si scrutano, come si muovono. La spiaggia é anche quando giochiamo a rugby, tutti insieme, che io nel fondo c´ho paura di crollare addosso a Ste, mentre le mani del russo mi fanno vedere cosa é un placcaggio al friol e Ale saltella e allunga le sue leve per prendere un lancio di Mattia. Meta. E poi rischiare la vita quando le cime dei kite ti passano di poco sopra la testa, ed alzare lo sguardo e vedere tante piccole comete che riempiono il cielo.

Il viaggio - Cosí si comincia e cosí si finisce. Si comincia salendo prima sulla scaletta brancher senza scarpe per non sporcare, pieni di curiositá ed entusiasmo, mentre un Max qualsiasi ti spiega con trasporto ma sommariamente cose che pochi secondi dopo dimenticherai, con Garo lí, che pochi scalini lo separano dal venire con noi. Si comincia anche con una briscola finita male. E si finisce scendendo dal brancher, facendosi largo tra sabbia e scarpe lanciate a caso, camminando sulle ciabatte lasciate sugli scalini. In mezzo, tra l'inizio e la fine, ci sono chilometri, chilometri, chilometri…. Chilometri che per la prima volta li sento veramente lunghi, vissuti ad una velocitá che spesso odi ma che in altri momenti ti sembra perfetta, cosí in armonia con la strada, che ti lascia assaporare il paesaggio, ti dá il tempo di osservarlo. E poi dormire dietro, e svegliarsi perché quello che guida sicuramente stará andando a centoquaranta in una strada sterrata, dai salti che senti, e gridare "Piano cazzo!!!", e poi guardar fuori e vedere che sei sempre a novanta sull´autostrada. O dormire sopra, poche volte per me, pensando se quel tettuccio di plastica reggerá sul serio, sentendoti in una piccola capsula con l´aria che si sbatte contro, e sperando che non arrivi la frenata brusca. E ancora alzarti a raccogliere perché é caduto qualcosa, farti largo in bagno tra i costumi appesi, trattenendo il fiato per non sentire il profumo dello stalliere. O alzarsi reggendosi in equilibrio a stento e lavare veloce una pesca enorme, e passarla a Mattia che legge sempre lo stesso libro, mentre Ale ne legge uno a caso ed allunga le sue dita in qualche sacchetto di patatine. Fede é dietro che guarda il soffitto, o pensa, o chi lo sa che cazzi ha. Davanti Ste fuma, e quel bastardo del leader canticchia da solo e tira sberle a Ste, ma poi gli chiede se gli lascia due tiri…e Hurricane che urla dietro..

Alla fine, del brancher mi rimangono diverse cose, e come sempre tre conferme.
La conferma di noi, insieme, ma non ne avevo bisogno.
La conferma, di come sia bello condividere, soprattutto le cose piú belle, e mi rimane dentro, forte e vivido, l´arrivo del brancher a Granada.
E poi la conferma che il tempo passa, e che per la prima volta questo tempo lo vedo veramente passare: lo vedo nei nostri occhi, nelle nostre storie, nei nostri pensieri. Lo vedo nel cambiamento, in quel cambiamento che la vita ti impone e che tu tenti di subire il meno passivamente possibile: puoi fare finta di evitarlo, ma c'é. Non solo c'é, ma ti indurisce anche un po'. Siamo cresciuti, tutti: mi piacerebbe saper dire chi é cresciuto bene e chi no, ma non lo so proprio, e tento di trovare qualcuno che me lo possa dire, ma siamo tutti sullo stesso brancher. E siamo tutti in mezzo ad una strada, sí, in mezzo a quella strada che ognuno deve decidere come prenderla e nessuno ti dice come, ma che quando per un po' si percorre tutti insieme la senti scorrere fluida e sicura, come un camper con dentro sei manicones