venerdì, ottobre 29, 2004


souvenir de paris... oui oui oui Posted by Hello

simple et funky

cazzo cazzo cazzo...
allora riproviamo, printf("ciao pippo\n\n"); e poi scanf e %d e int char void.. figa non va!!! figa figa FIGA!! [sbraita contro il monitor]
allora, rileggiamo il programma, è uguale non posso sbagliarlo.. ma sì è uguale.[mouse scaraventato altrove] no basta è il compilatore che è a puttane.. informatici di merda. ecco lo vedi, adesso funziona. ma porc!! e invece no!! maledetti [varie bestemmie, fogli che volano].
ah, adesso funziona.. sì ok, avevo omesso un punto e virgola alla prima riga del programma.. che due maroni..

beh insomma, non è che la tesi mi rilassi proprio.
mi alzo, prendo il giornale.[giornale scaraventato altrove]
uff.. mi sento isterico [evidenti manie di distruzione]
in questi momenti, la soluzione è solo una: musica a manetta. simple et funky.
incredibile come mi carichi, mi scarichi, mi prende mi porta, poi mi riporta anche eh..

giovedì, ottobre 28, 2004

ritorno da parigi

verde, rosso, giallo: i colori dell'autunno scorrono fuori dal finestrino del tgv, mentre io tento di digerire il superkepab ingurgitato qualche ora prima. sto tornando da parigi. di fronte a me un individuo da biblioteca del parco, che difatti si atteggia un po' nella sua figosaggine trasandata. alla frontiera controllano solo maghrebini e me.. la mia faccia da bravo bambino non funziona più, da parecchio tempo a questa parte... :-)


canzone

venerdì, ottobre 22, 2004


vado a parigi dalla mia luna... Posted by Hello

mercoledì, ottobre 20, 2004


la lola e andrea al salone nautico... Posted by Hello

martedì, ottobre 19, 2004

Campioni nel cuore

grandissima vittoria ieri sera. Una prestazione incredibile, la squadra ha girato alla perfezione, meccanismi oliati come un orologio svizzero: fede tenace e grintoso, corrado estroso e implacabile, giovi fantastico e sorprendente. Grazie ragazzi, ma soprattutto grazie Playstation! Il torneo di winning eleven è nostro!

lunedì, ottobre 18, 2004

teso per la tesi

Molto semplicemente, mi sembra di non capirci una sverza.
aiuto!!

venerdì, ottobre 15, 2004

oh cazzo amico siamo fottuti

oggi stavo tornando da genova in treno, insomma cercavo un po' di concentrazione per studiare delle robe per la tesi... solito casino da treno, non capivo un cazzo. Poi arrivo a un paper che viene dallo Sri Lanka (!), che parla di robot automatizzati per l'individuazione di mine. A un certo punto leggo: "An attempt was made at University of Morutawa to build a robot wich will solve landmine problem in Sri Lanka." Eh?? Mine antiuomo in Sri Lanka?? Oh cazzo amico, siamo fottuti. O, come direbbe qualcun altro: l'ottimismo vola..

mercoledì, ottobre 13, 2004

domanda ancestrale

Ogni tanto ricorre nella mia mente un dubbio, una domanda alla quale non ho mai saputo rispondere. Ma dove si trova il Biafra?
Sarei contento di avere risposte.

martedì, ottobre 12, 2004


yo yo to all the guyz at the bovyza! check it out poochie-nelly. Posted by Hello

lauree?

Aris si è laureato. Io no. Non ancora...

lunedì, ottobre 11, 2004

dato di fatto

mi rado di rado.

giovedì, ottobre 07, 2004

La settimana veneziana

...
Elisa: Oh, Giò, la fai la tessera di Venezia?
Giovi: eh?
E: Sì per i film. Io e la Giulia l’abbiamo fatta, ne abbiamo una in più
G: Mah, non lo so..
E: oh dai... minchia ma non hai un cazzo da fare..
G: Sì, cioè no... ma quanto costa?
E: vabbeh, noi l’abbiamo pagato 20 euris, vale tutti i pomeriggi..una settimana..oh dai
G: Massì, spetta che controllo i danè.. sì dai ci sto. Quando si comincia?
E: Bella Giò! Ci vediamo domani con la Giulia alle due davanti al Plinius per il primo film. Seres queridos, poi ne abbiamo segnati quelli con le trame interessanti. Ci vediamo domani
G: ok a domani. Baci
E: baci


Dunque con questo approccio telefonico di una delle sorelle Damonte comincia la mia avventura di cinefilo: un po’ a caso, un po’ per passare il tempo tra un Caprile e l’altro. Ah, Caprile non è un aperitivo ma il nome del professore del mio ultimo esame, che ho dovuto ripetere ben tre volte in un mese prima di riuscire ad avere una firma sul libretto... dunque questa abboffata di film sembrava la maniera migliore per riempire i miei pomeriggi che si prospettavano all’insegna dell’apatia casalinga.
Carico di migliori propositi, mi presento al cinema il giorno seguente con il mio canonico quarto d’ora di anticipo: lo faccio passare guardando la gente che entra nel cinema, preoccupandomi anche un po’ dei posti liberi rimanenti. Sono un mago nel preoccuparmi e farmi angosciare dai ritardi: infatti sono sempre in anticipo mostruoso, e se per caso rischio di arrivare puntuale mi affretto arrivando comunque in anticipo. Le volte che invece ritardo ad un appuntamento mi prende un’ebbrezza, un’adrenalina per avere infranto le regole, una sorta di sguardo da uomo vissuto che se ci penso mi sento proprio semo. Sì, semo.
Beh insomma la gente che entra è di due tipi: universitari fancazzisti come me, dall’aria simpatica e molto poco milanese (ma allora esistono!) che arrivano in bici e grossi foulard, e nonne sprint dall’aria tutt’altro che sprovveduta che saltano code come palizzate dell’olio cuore e si lamentano per l’aria condizionata (troppo fredda, troppo calda, troppo spenta, troppo accesa). Sento di rappresentare la prima categoria.
Passa il mio quarto d’ora ma nessuno di conosciuto appare, anzi sì, va là un’amica di mia sorella di passaggio, fa sempre bella figura stare fuori dai cinema il pomeriggio che sembri un intellettuale. Mah mi appoggio a un motorino, leggo la brochure con tutti i film... due minuti e mi sono già rotto, mi sento sempre un po’ in colpa a leggere le trame, sapere cosa succede... usti ma quel tipo lì lo conosco... è....mmh.. ah sì! Amico di sasha. Di teatro. Riccardo. Ok si ricorda anche lui ci salutiamo, poi si congeda con un “tanto ci rivedremo”: suona come una minaccia, ma forse lui è un habituè. Io invece aspetto un altro pochettino, il film inizia, che due maroni, certo che ste sorelle Damonte... eccole là. Bene saluti e baci, possiamo entrare. Saliamo le scale, Giulia un po’ a fatica per un piede tumefatto in circostanze sospette, ci avviciniamo alle tende della sala e già si sentono grasse risate. Merda, l’unico film divertente e ci siamo persi l’inizio, che scazzo. Invece troviamo da sederci e riusciamo anche a inseguire e capire la trama... il film fa veramente ridere: zuppe congelate che cadono dalle finestre, palestinesi che ballano sui tavoli, ebree spagnole che fanno la danza del ventre.. sì carino, proprio bello questo film. Brave sorelle Damonte, scelta azzeccata.
All’uscita ci rifocilliamo e scegliamo il prossimo film: un film muto con accompagnamento dal vivo al pianoforte, penso che forse sarebbe stato meglio vedere questo film divertente più avanti durante la settimana... un po’ come quando lasci la parte più buona della pizza alla fine. Camminiamo tranquilli nel pomeriggio soleggiato milanese, e ti senti sempre un po’ strano quando cammini in questa città senza fretta, col sorriso sulle labbra, compiaciuto del tempo che hai a disposizione.. no dai, mi comincia già a piacere questa cosa dei film. Elisa ci abbandona, e forse fa bene perchè il film muto è proprio un pacco tremendo: pare che il pianista non lo abbia mai visto. Bravo è bravo, ma suona cose che non c’entrano nulla con quello che succede sullo schermo.. bah. Però le facce che fanno gli attori sono divertenti, anche i costumi.
Il prossimo film lo decido io, mi leggo un paio di trame e opto per Promised Land, un film di avventura italosvizzero che mi sembra abbastanza normale, sì insomma carino. Si rivela una boiata pazzesca, ma per andare a vederlo devo attraversare mezza città in bici e cominciano a piacermi questi spostamenti. E così io e la Tullia finiamo la prima giornata con ben 3 film al nostro attivo, ci salutiamo quando la sera comincia a calare e sento che raramente il mio pomeriggio sarebbe stato tanto produttivo.

Il giorno dopo c’è qualche casino su cosa andare a vedere, e poi piove e io mi sono fissato con sta bici.. vorrei vedere il documentario di Wim Wenders sugli Stati Uniti, ma i posti sono finiti per cui assieme alla Eli e alle sue amiche entriamo a Heimat 3, un film tedesco di otto puntate. Siamo molto dubbiosi, sarà una palla tremenda e mentre entriamo toh, Riccardo l’amico di Sasha che anche lui è messo come noi.. Beh nel cinema mi siedo e mi mangio la mia focaccia, come mi piacciono questi pasti fuori di casa che posso papparmi le maialate... faccio un casino tremendo con sacchetti, fazzoletti, cucchiaini e quant’altro ma nessuno sembra disturbarsi molto. Il film comincia e, con grande stupore generale, non è proprio niente male, una sorta di sceneggiato d’autore sullo sfondo della germania dopo la caduta del muro.
Tuttavia devo scappare a metà spettacolo, a qualche chilometro di distanza mi aspetta la Tullia per vedere Mar Adentro: sono molto curioso di questo film, per cui inforco il mio mezzo e, avvolto in una cerata troppo grande che funge da vela, scorrazzo per le vie di Milano. Ho sempre pensato, forse sbagliando, che andare di corsa, avere un sacco di cose da fare con tempi prestabiliti sia un qualcosa che mi rende particolarmente di buon umore (non proprio sempre, ehm..), mi sento attivo, quasi utile direi. Dunque arrivo completamente fradicio e, incredibilis!, Giulia è lì che mi aspetta: ci mettiamo in coda, con la gente che fa la fila parte qualche commento sui film già visti: tutte le facce sono particolarmente rilassate, non so mi ricordano di quando una volta in un’isola dell’oceano Indiano... ma questa è un’altra storia. No va beh insomma hanno tutti l’aria goduta, come in una sorta di vacanza furtiva.. beh mentre penso questo sbuca il solito Riccardo con squinzia al seguito: anche lui è fuggito prima dall’altro cinema.
Si entra nel cinema, dopo un frullatino proprio buonino, io ancora bagnatissimo, stendo i miei averi sui sedili come una massaia quando vedo la sciura al mio fianco che tenta di coprirsi anche con i giornali: “uè, ma son matti? Ma che frècc fà? ‘Sta mania del’aria cundisionà..”. Si però il film è proprio una figata, poco da dire, un capolavoro per me: c’è una scena, che poi se la racconto chi l’ha già visto è meglio di no, che penso che tutti gli spettatori c’avevano la pelle d’oca. Bello, bello, bello. Una mazzata eh, però proprio bello. Tant’è che è meglio non vederne altri di film per oggi, non vorrei far andar via le sensazioni che mi accompagnano dopo questo film.

Il giorno dopo tragedia. Non trovo la tessera, sono incazzatissimo: era tutto perfetto, panini comprati, film coreano in programma, tutto il pomeriggio calcolato anche con spostamenti precisi.. è che poi tornando da Mar Adentro mi sono preso un’acqua paurosa in bici, ho fatto casino tra chiavi soldi lettore cd cerata bici biglietto cellulare miiiiiiiiiii.. quante cose! No è che in realtà pensavo ad altro e ho fatto casino quando sono tornato a casa. Insomma litigo con la mamma perchè sono incazzato che ho perso il biglietto, poi però lo ritrovo e mi rimetto in pista e raggiungo la Tullia per vedere un documentario su Franco e Ciccio. Meno male, mi stavo troppo divertendo con questi film, gente nuova, stare in giro tutto il tempo..
Che poi Franco e Ciccio non mi hanno mai fatto ridere, ma chissà com’è il documentario fa piegare in due, c’è sempre Riccardo che vedo arrivare mentre aspetto Giulia. Oramai continua il nostro periodo da fidanzatini, dopo la vacanza in toscana: chi lo sa, magari poi mi invita a mangiare coi suoi! No dai però ci divertiamo proprio, ci beviamo la nostra spremutina salutista: mi fa solo girare un po’ le palle che io scelgo sempre un mix di frutti non abbastanza eccitante, lei invece ci azzecca sempre, sta stronza. No comunque per oggi già abbastanza emozioni, e poi di film oramai non ce n’è più per cui me ne torno a casa.

Che poi alla fine io devo anche dare l’esame! Me ne ero anche scordato.. allora la mattina dopo vado a seguirmi un paio di orali. Che quel professore lì, se vai a vedere gli orali, ti fai delle gran risate: è un teatro, lui e il suo aitante assistente. Beh insomma se non sei interrogato tu, si capisce. Però se stai lì ad assistere ti diverti anche. L’altro giorno un tipo ha detto che la portanza sulle ali è di forma elicoidale: l’avrei mandato a casa così, sull’istante, ma come si fa? No perchè poi, quando ti metti tanto a seguire un professore, finisce che la pensi come lui, che quando manda a casa uno cominci a pensare anche tu che è giusto. Eh perchè questo esame, che mi ha preso più di un mese della mia vita, non è che ti stressa tanto, non è che devi studiare tanto: ma sto bastardo ti entra dentro. Mentre guardavo gli orali mi veniva anche a me, come fa il professore, di lisciarmi la barba, di espirare forte dalle narici, di rispondere al telefono, di controllare l’email ogni cinque minuti sul computer con lo sfondo di tex. Ma sto divagando.
Insomma l’unico film della giornata è Agnes und seine Bruder, che poi io il tedesco si suppone che io lo sappia, e avrei dovuto capire dal titolo che agnes è un travestito, ma io ste sottigliezze dalla lingua tedesca adesso che è un po’ che non la pratico non le capisco mica al volo. Mi spiace proprio. Meno male che il film è in tedesco, così un po’ mi rifaccio, faccio finta di non guardare i sottotitoli ma poi alla fine qualche spiata ce la do. Bah un film morbosissimo, alla fine niente male ma veramente da malati.. poi mi colpisce il personaggio di questo bibiotecario, ossessionato dalle fighe, malato di.. insomma che è... beh insomma il termine non lo so, però si spara seimila seghe al giorno. Che poi il tema della masturbazione è un tema spinoso e all’ordine del giorno, credo da circa un paio di milione di anni, e io non voglio certo discernene però sto personaggio mi ha colpito, mi ha proprio schifato e allora ho pensato: se a casa, sul computer, avessi qualche file porno, lo cancellerei al volo. Insomma da quel giorno lì la memoria libera sul disco fisso è quasi raddoppiata.. si ma di ste cose alla Eli non ne ho parlato.

E così la mattina seguente mi presentavo di nuovo dal professore, nel suo ufficio pieno di sedie per spettatori di esami, me ne stavo lì con Andrea a prendere qualche appunto,a tentare di rispondere mentalmente alle domande, ma più spesso ad osservare attentamente il prof per poi tentare di imitarlo. Quel bastardo era oramai parte di me. Mi do appuntamento con Tullia verso l’una ad un nuovo cinema, questa volta per un film semi-sentimentale francese: dopo il suo quarto d’ora accademico di ritardo (si lo so sono insopportabile, non ce la faccio a non farla pesare..) entriamo.. anzi no adesso che mi ricordo bene sono addirittura entrato da solo senza aspettarla, si sono proprio cattivello. Beh il film (La Demoiselle d’honneur) non è niente male, anche questo un po’ morboso ma non in senso sessuale, si bello però, ti prende.
Abbiamo anche il tempo di fare una chiaccherata al bar, qui purtroppo non c’è Viel per cui niente frullati, allora via con una cochina che in vincenzo monti ti senti sempre un po’ un modello quando ti siedi ai tavolini. Ogni volta che vedo quei bar penso a Tozzi e che gli hanno fregato la bici mentre era in un negozio, di giorno. Pensa poi che l’altra sera esco con Fede, lo riaccompagno a casa verso le 2 e trova la sua bici senza la ruota davanti ma con una ruota bucata appoggiata lì vicino... dei bastardi gentili, verrebbe da dire.. beh ma sto uscendo di tema nuovamente. Insomma con la Tullia si parla che, cazzo, stiamo diventando grandicelli e che l’università finisce.. questa sorta di balia,anche se per il politecnico è forse più giusto il termine di prigione.. ma dai vedremo. Intanto godiamoci questi giorni di fancazzismo culturale.
Lei deve andare a mettere il fissante su delle pareti (?), allora io mi decido ad andare da solo a vedere un film argentino, Una de dos. Oltretutto, mentre ero seduto (che poi ero seduto tutto laterale che ero arrivato tardi, e mi sentivo in imbarazzo a cambiare di posto.. chissà perchè poi..) faccio una delle mie mosse accavallando le gambe, sì modello Sharon Stone e sento uno stonc! bello secco, ho tirato giù un pezzo del sedile di quello davanti. Il tipo si gira e io faccio una faccia da poker che neanche al Pacino... poi però mi sentivo una merda così sono scappato coi titoli di coda per non vedere il danno provocato e non farmi vedere dal tipo. Ah sì, il film: mah una sorta di film-verità, sai quelle robe basso costo, no bello per capire la realtà che c’è da quelle parti, poi ogni tanto è frammentato da immagini dei disordini a Baires.. però la trama è quella che è, i tempi del film pure. Interessante però dai.

Giusto quando a tutti racconto che i film visti mi sono piaciuti quasi tutti, e che la qualità per me è proprio buona, perchè a parte il film svizzero non mi sono mai pentito di essere entrato in sala per nessuno... ecco che ti arriva la giornata pacco. Si comincia con 4, un film russo che se leggi la trama ti sembra veramente una figata anzi ve la scrivo: “tre moscoviti si incontrano nel mezzo della notte in un bar del centro e allegramente si raccontano bugie sulla propria vita. Poi ognuno va per la propria strada. E vivono le vite che avevano immaginato...” ecc ecc ecc.. allora sarei curioso di sapere chi cazzo ha scritto questo, perchè quello che c’è scritto semplicemente non accade. Ma io non lo so... forse hanno solo visto l’inizio (effettivamente ci sono dei tipi al bar che sparano minchiate), e poi hanno pensato bene di inventarsi il resto. Non male come esperimento letterario, un po’ meno se lo metti nella guida dei film. Beh comunque a parte questo, il film è assurdo, tempi lunghissimi, silenzi interminabili, non accade nulla... ok non cerco scuse, mi sono addormentato. Non mi era mai capitato al cinema, ma giuro che ne avevo ben donde. 2 volte. Tullia no, però lei mi sa che ha il fisico per ste cose. Mah poi c’era gente che mangiava di tutto in treno con dita sporchissime, maiali rotondi, zoccole che non ho capito se eran zoccole, nonne che masticano la mollica del pane la sputano e ci fanno le bambole...
Che poi dopo, non contento, sono anche uscito prima per raggiungere la Eli per “i 3 stati della melanconia”. E va bene, non dovevo aspettarmi una commedia brillante (anche se qui avrei da ridire, perchè la famiglia Damonte una volta mi ha spacciato Vodka lemon come una divertente commediola di coincidenze... vi invito a vederla.. che missèria): però parte subito con il primo episodio sulla vita dei bambini senza famiglia che vivono in accademia militare... e di nuovo la palpebra cala. Già non avevo trovato Elisa e le tamarrine che ero in ritardo, poi mi era venuto sonno.. insomma quando vedo che il titolo del secondo episodio è “Grozny, Cecenia” mi alzo e pianto un fugone storico. Beh insomma e va bene che fino ad adesso avevo sempre visto film belli, ma subire queste angherie no.

Poi è venuta la domenica e sono stato in campagna per la pizzata, niente cinema.

Il lunedì, ultimo giorno, le Damonte’s sisters mi hanno paccato, così sono andato con la scimmia a vedere 5x2, un film francese abbastanza del cazzo, se mi posso permettere. Sono veramente insopportabili sti francesi, mi dispiace dirlo ma è così: pensa che prima ero sul sito dei mezzi pubblici di Parigi, volevo sapere come arrivare da un posto all’altro avendo un indirizzo incompleto. La prima volta mi dice “errore, prego specificare più nel dettaglio luogo arrivo”. Poi cambio e mi dice una cosa simile e la terza volta che cambio ancora viene fuori “è necessario immettere delle indicazioni precise e non vaghe perchè il sistema funzioni”. Li mando a cagare, cerco meglio l’indirizzo, lo accetta e mi viene fuori: “servizio momentaneamente sospeso”. Mais, alors, allez à caghé. Silvuplè!
Beh insomma proprio una bella settimana, tra il buio dei cinema e la luce di Milano, che ancora facevo caldo e sudavo un poco in bici. Poi con sta storia che erano all’ora di pranzo mangiavo meno e con tutti i chilometri macinati magari qualche chiletto l’ho perso dai...
Chiaramente poi all’esame mi ha bocciato il giorno dopo.


spagnoli integralisti Posted by Hello


palestra araba Posted by Hello

mercoledì, ottobre 06, 2004


sasha, fede ed io che facciamo le casalinghe Posted by Hello

martedì, ottobre 05, 2004

cipolla al sole

le avventure di bloody mary

Pancia da colazione abbondante e carnagione color latte: così mi presentavo a una sardegna francamente abbastanza indifferente al mio arrivo. Una volta sceso dal traghetto, in compagnia di una indigena (che parlava una lingua incomprensibile al telefono e che purtroppo non assomigliava molto alla bella brasiliana che sognavo di incontrare) e di altri disperati che avevano dormito in corridoio, avevo infatti visto sfilare l’autobus per Palau davanti ai miei occhi. Badate bene: sfilare, non passare. Era infatti già da un paio di ore che aspettavo quando l’autobus, in mostruoso e sardo ritardo, decideva di arrivare ma non di fermarsi per raccogliere solo qualche passeggero: come dicevo prima, l’isola mi accoglieva abbastanza indifferentemente.
Qualche ora dopo, sporco di una notte in traghetto e di una decina d’ore di viaggio e di sale mi ritrovo al benzinaio del porto di palau ad aspettare bloody mary: facile lasciarsi andare a romantiche fantasie con questo nome… una misteriosa spia russa, una cantante americana zoccoletta… e invece bloody mary è un’imbarcazione a vela il cui equipaggio è formato da sette aitanti omosessuali e da una ragazza, peraltro già felicemente accasata.
Finalmente da lontano vedo arrivare la barca con i miei futuri compagni di avventura: sono felice di vederli dopo tutte queste ore di viaggio, così da lontano comincio a scherzare, a salutarli in maniera giocosa e spensierata. Come risposta ottengo urlacci e richiami alla serietà.
Ripetiamolo pure: una barca di omosessuali (finocchi qualcun altro più tardi ci definirà), un appuntamento da un benzinaio, un’accoglienza indifferente da parte della sardegna e seriosa da parte dell’equipaggio…. Non certo delle ottime premesse…Cominciamo bene.

Salgo in barca, non senza qualche difficoltà tutto sommato ben celata: la delusione per non notare nessuna patonza dell’ultimo momento fa subito posto alla gioia di ritrovare gli altri, che si mostrano freddi ma cordiali nei miei confronti. In realtà, notando che le mie prime domande e le mie prime ispezioni riguardano cambusa e frigorifero, sanno già di avere a che fare con un osso duro. I miei timori sulla mia carnagione troppo pallida vengono subito fugati: non sono l’unico ad essere un po’ milk, a parte lo skipper Bomba e la donna Francy sono tutti abbastanza indietro con l’abbronzatura. Noto con un po’ di stupore che Mattia è anche diventato un po’ cieco, quando scambia due gabbiani a qualche decina di metri per due boe bianche, tuttavia Bomba non esita a schernirlo e riprenderlo. La convivenza tra i due cugini si potrebbe definire affettuosa e schietta allo stesso tempo: dormono nello stesso letto ma non esitano a mandarsi a quel paese (nello specifico è Bomba ad imprecare sovente contro le intuizioni del Parello, che subisce come non si era mai visto).
Dopo un fugace bagno possiamo mangiare, per una volta tutti insieme: mi sento un po’ un intruso per essermi aggregato all’ultimo ed essere salito a bordo con un giorno di ritardo, ma gli altri non me lo fanno pesare eccessivamente. Faccio poi anche conoscenza con le persone che conoscevo meno: l’Avvocato, sempre parco nei suoi discorsi e molto attento a non sprecare fiato inutile, e il nono membro dell’equipaggio, Pecus.
Pecus è sicuramente l’elemento più rappresentativo ed importante della barca: non soltanto perché appare solo ai pasti (ed in questo sento di rassomigliargli un po’) ma anche perché si dona generosamente a tutto l’equipaggio, amministrandosi egregiamente fino all’ultima giornata. Difatti è stato l’unico membro ad essere stato scelto personalmente dal nostro esperto skipper.
Non ho ancora citato gli altri tre personaggi della barca: Ga si mette subito in luce per la sua logorrea acuta, tenta in ogni maniera di compensare la penuria di parole pronunciate dal Thiebat maggiore. Garo è un po’ il padrone oscuro della barca, una sorta di uomo ombra che l’aspetto tranquillo ed amichevole nasconde un perfido calcolatore e manovratore, non a caso presto prende lo scettro di timoniere. Belva invece è il fantasista del gruppo, nasce come prodiere ma si dimostra marinaio a tutto campo, passando da anchorman (uomo ancora, che però in inglese vuol dire presentatore, nda) ad uomo randa.
Dopo una rapida visita ai monumenti indicati dallo skipper, che si dimostra quasi più autorevole come guida turistica che come uomo di mare, possiamo salpare alla volta di Porto Pozzo dove pare ci aspetti una festa indecente in spiaggia in mezzo a surfiste e ballerine di samba.
La navigazione, rigorosamente di bolina (come d’altronde il 90% delle uscite in barca, per qualche oscuro motivo), è impegnativa ma non troppo: lentamente le mie scarse reminescenze velistiche ritornano, tuttavia preferisco piazzarmi almeno per l’inizio in luoghi abbastanza innocui. Mentre veleggiamo cominciano a designarsi ruoli e personalità, decise spietatamente dalla legge del mare:
Bomba staziona sicuro nei pressi del timone indicando qualsiasi caletta o lingua di terra sia a portata d’occhio e narrando interminabili aneddoti, Belva si accende una sigaretta mentre verso prua calpesta dozzine di piedi, l’Avvocato fissa l’orizzonte come una statua di sale con gli occhiali da sole, Ga parla da sdraiato, Garo fa finta di prendersi cura di Francy che sta facendo qualcosa di utile per la comunità, Mattia invece si atteggia con fare professionale ed è tra i primi a darsi da fare.
Arrivati in rada, subito nascono le prime incomprensioni con l’altra barca (Ottone), già si capisce che faremo vita separata: ma la luce del tramonto, le acque tranquille e la libertà che solo la vela riesce a dare in questi momenti rendono l’atmosfera rilassata, serena. E’ chiaramente il momento aperitivo, the ritual, solo in parte interrotto da Emanuele e dal suo fido scudiero. Questo personaggio indecifrabile sale in barca senza sapere perché, ma comincia a darsi da fare più di quanto l’intero equipaggio abbia intenzione di fare per l’intera vacanza: ci chiediamo un po’ tutti come mai sia qui, ma in fondo finchè fa qualcosa di utile…
Saltata la festa orgasmica in spiaggia, si decide di optare per una cena a terra e il tutto viene comunicato ad Ottone: solo parte del suo equipaggio ci raggiungerà, e subito parte una scommessa su chi saranno i 4 fortunati che ci raggiungono in tender. La folla acclama il nome di Paola, una squinzia che ha in programma un affaire con il Parello che però si ritiene nauseato da tutte le battute che subisce a riguardo. La scommessa prevede che se la ragazza non verrà sul tender, Mattia verrà lasciato in pace per tre giorni da tutte queste battute.
La notte cala, siamo già tutti in ghingheri che aspettiamo gli ottoni e nell’acqua si scorge un gommone che gira varie volte su sé stesso e procede lentamente sbandando: non è un ubriaco al timone ma Fede un po’ inesperto che tuttavia riesce a raggiungerci. Paola non c’è, non è andata via ma è rimasta in barca: Mattia esulta come un bambino, ha vinto la scommessa e Belva già fatica a trattenersi.
Ci avviamo, bagnandoci completamente, verso il pontile: Corrado da buon milanese adottato vorrebbe mettere l’antifurto anche al tender, mentre ci avviamo abbronzati e freschi sul bordo del mare. Mi sento in vacanza, siamo in tanti, sorridiamo nella notte, ci raccontiamo quanto successo, cerchiamo un posto dove mangiare. A tavola Emanuele, dopo averci provato a turno con tutte le ragazze presenti, sciorina aneddoti uno dopo l’altro: passa tranquillo dal Greyhound americano agli squali africani, penso di essere l’unico ad ascoltarlo, è piacevole ascoltare una persona entusiasta anche se un po’ esagerata. Tra le tremila cose che ci racconta, ci dice di come possiamo pescare la sera stessa: Belva ed io drizziamo le orecchie, già ci immaginiamo la nostra foto abbracciati ad un blue marlin di 250 kg. Così quando rientriamo, stanchissimi che vorremmo solo un letto, ci mettiamo con le lenze ad aspettare che i pesci abbocchino. Non succede nulla, passa il tempo, la pazienza è la virtù del pescatore, sì ma che due palle… nel frattempo però passa il gommone di quelli di ottone che si sono persi, probabilmente spaventando ed allontanando definitivamente il blue marlin a noi promesso. Dopo poco però il primo pesce esce dall’acqua, è Berla che lo ha pescato ed è già panico di cosa farsene. L’esperienza dello skipper viene fuori: si ricorda che in barca la cosa più utile per ammazzare è la maniglia del winch (o switch che si dica), tutti ci guardiamo terrorizzati negli occhi ma Bomba si riferisce al pesce che viene così crudelmente freddato. E’ poi la volta di un pesce pescato da me, poi invece quando è Mattia a procurarsene uno tocca a Belva ucciderlo: il prodiere vuole finirlo di fino, colpendogli il cervelletto con una mossa chirurgica ma calcola male il colpo e il pesce ritorna agonizzante in acqua. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso tra Mattia e Berla, si beccheranno come due checche isteriche per il resto della vacanza.
La notte restiamo un paio di ore Belva ed io a pescare, il bottino è magro ma se non altro ci sono le inglesi vaccone che ascoltano tutto l’album di Cristina Aguilera a tenerci compagnia; restare seduti con il solo rumore dell’acqua, rimanere illuminati dalla luna che sembra un faro puntato addosso, sentirsi uomini procacciando cibo per tutta la ciurma, sono queste le sensazioni con le quali ci addormentiamo in vista di un nuovo giorno.

Per seguire gli amici di Ottone partiamo appena svegli al mattino, e mentre stiamo già per tirare su l’ancora vedo qualcosa muoversi in acqua: con un riflesso condizionato comincio a insultare il prodiere pensando si fosse attardato a fare tuffi (tutti rigorosamente a scucchiariello, ovvero a bomba) quando invece è al mio fianco che si sta asciugando le orecchie col suo bellissimo asciugamano della ferrari. Scopriamo che è un delfino idiota, probabilmente persosi nella baia che però ci dona della sua presenza, portando il sorriso su noi tutti.
Ci ritroviamo con gli altri in una baia dai seimila natanti: già si capisce che gli ancoraggi saranno la parte dolente della vacanza… solo la flemma impassibile dello skipper ci salva dal tracollo. Con il mio stile olimpionico nuoto verso la spiaggia, qualche mezz’oretta più tardi gli altri riescono a raggiungermi e scatta il crogiuolo al sole: ci permettiamo anche un pizzico di spocchia e di arroganza nei confronti dei volgari turisti che raggiungono queste spiagge con degli squallidi traghetti. Essendo attaccati in rada ad Ottone, facciamo conoscenza del suo skipper sardo doc, all’oscuro dagli altri mi avvicino per sentirlo parlare e carpire tutti i segreti della sua pronuncia. La giornata, come del resto quella di ieri, è splendida e il sole è alto e caldo, io cerco in tutti i modi di nascondermi per evitare scottature mentre gli altri lo sfidano sprezzante. A quanto pare una vittima dell’abbronzatura c’è già: è Mattia che è costretto a sfoggiare una maglietta ecologista per salvare la pelle. Stop al nucleare baby.
Dopo 24 ore, scopro che anche Arline è venuta in vacanza, è su Ottone ma pare che abbia spesso da fare sotto coperta. Tuttavia cerchiamo di curarci poco delle barche altrui, salvo ovviamente quando si naviga: in quei momenti se siamo davanti vuol dire che stiamo regatando e improvvisamente le cose che Michele fa da solo diventano per tutti interessantissime e, i pochi sprovvisti di spirito competitivo, vengono aizzati dal Parello. Nella regata per arrivare alle Piscine, siamo nettamente in testa di qualche metro forse, quando una strepitosa intuizione dello skipper ci fa andare palesemente fuori rotta: scopriamo in quel momento di essere in mano praticamente a un cieco per quanto riguarda l’orientamento, quindi le capatine individuali al gps per controllare la rotta si fanno sempre più frequenti. Chiaramente la regata viene considerata nulla.
Arrivati alle Piscine, avendo passato una giornata piuttosto tranquilla, l’equipaggio decide di fare uno spettacolo per intrattenere le altre barche presenti in rada, piuttosto annoiate dal calare della sera e desiderose di assistere a qualcosa di speciale. Nessun problema per la banda di Bomba, che inscena il Gavitello Show: è solo alla nona replica, con l’aiuto di due interessate tredicenni che guidano il tender meglio di Fede, che finalmente ci attacchiamo e possiamo considerarci fermi. Per ringraziare le aitanti pubertanti le invitiamo alla festa a prua in programma per la serata. Ma questa è l’ora più bella, e così andiamo a farci un bagno in un posto fantastico al calare della sera: cielo azzurro, mare caldo, sole basso e tiepido, luce profonda ma tenue, questa è l’ora più bella che tentiamo di celebrare ergendo una piramide umana. Belva miete un paio di vittime con il suo piede oramai assassino. Per finire in bellezza la giornata decidiamo di sfasciare il motore del tender sulle roccie affioranti.
La sera mangiamo tranquilli e poi, vedendo l’equipaggio pronto, insegno loro il gioco del secolo per l’indianata. Dopo un inizio stentato il gioco decolla e come al solito diventa una sfida a due Parello-Berla, che si conclude con un degno pareggio e con un’ubriacatura generale. Prima della nanna aneddoti incrociati tra i cugini presenti, possibilità di sputtanamenti per il prossimo decennio.

Al mattino seguente scopriamo che il gavitello faticosamente recuperato è di proprietà dei traghetti per cui bisogna smammare al più presto: gli altri si buttano in mare appena svegli, ma la mia vescica e le mie coronarie già al secondo giorno mi implorano per favore di non farlo mai più. Decidiamo, in perfetto accordo con noi stessi, di fare rotta verso Bonifacio: lo comunico ad Ottone davanti a tutti e la mia performance mi vale subito la qualifica di marconista ricchione. Un’ulteriore conferma sull’orientamento sessuale dell’equipaggio. Questa volta il tempo non è dei più clementi, affrontiamo le Bocche con un pochino di mare e molte nuvole, durante i bordi di bolina è bello sedersi e guardare le onde infrangersi contro la prua, osservare i cormorani volare a fianco a noi per poi pescare. E’ un po’ meno bello quando Garo, vedendomi sprovvisto di cerata, decide una piccola correzione al timone per investire un’onda lateralmente e lavarmi quindi completamente: questi sono i momenti in cui la sua perfidia viene malcelata. La traversata si fa lunghina, specialmente quando Bomba scende sotto coperta e ‘o cuggino lo deve chiamare a gran voce quando si trova in difficoltà, le previsioni dateci da capo pertusato capo pertusato capo pertusato erano esatte ma riusciamo comunque ad arrivare nei pressi della scogliera bianca e del porto. E’ stata un’emerita puttanata, ma in fondo ci sentiamo tutti un po’ fieri per aver traversato a vela le bocche di bonifacio.
Entriamo in porto e per prima cosa dobbiamo fare la benzina: io temo subito di venir mollato lì ma invece l’agitazione che percorre l’equipaggio è dovuta all’attracco che viene prontamente errato. Dopo un ultimo insulto di Bomba al cugino, facciamo il pieno ed entriamo nel porto. Pare tutto pieno, i portuali mentre sgummano coi loro gommoni sembrano dei parcheggiatori napoletani, trovare un posto sembra un’impresa. Passiamo anche di fianco ad un’altra barca, Mary One, il cui simpatico skipper pel di carota si dimostra molto gentile ed interessato nei nostri confronti consigliandoci seimila cose che adesso non ricordo, forse di uccidere i pesci con delle bottiglie di rhum. In porto finalmente possiamo lavarci, caricare i telefoni: in effetti a nessuno serve, salvo all’Avvocato che ogni sera si intrattiene un bel quarto d’ora a parlare con la sua tusa… una volta mi sono messo lì ad origliare e sosteneva di averli pescati lui i pesci, bastardo..
La sera decidiamo di mangiare fuori, di fare una serata in città ed andiamo al ristorante; di Ottone si presentano i soliti quattro. Durante il pranzo, Arline e Alessandra insultano ripetutamente Paola salvo poi ritrattare qualche mezz’oretta dopo, la cosa mi lascia abbastanza basito e in parte divertito. Anche in questo caso, l’Avvocato tace, osserva e prende appunti. Delle volte, durante i suoi intensi silenzi, penso che stia progettando un futuro grande classico della letteratura, delle volte penso che sia enormemente scazzato se non incazzato, spesso penso invece che non pensi proprio a una sega. Ga invece alterna momenti radiolina ad altri più calmi, il tutto nell’assoluta indifferenza del fratello. Delle volte quando prende in mano la telecamera, cerco sempre di farmi trovare magro e sorridente ma non ce n’è bisogno perché Belva ha la febbre da palcoscenico e appena vede un obiettivo non capisce più nulla e parte per un one man show. Sul tardi andiamo in un locale, ma siamo stanchissimi come ogni sera per cui verso le due andiamo a nanna. Poi scopriremo che Selmo ci era tornato alle quattro per fare chiusura. Beato lui.

Dopo la giornata a Bonifacio, lavati puliti e cambusati, salpiamo alla volta di Sant’Amanza. Al solito la decisione è stata presa democraticamente all’interno di Bloody Mary, gli altri si sono regolati di conseguenza. Tentiamo di veleggiare, fa un caldo mostruoso, non c’è un alito di vento ma l’atmosfera è estiva come non mai. Ci fermiamo sulla costa vicino ad un golf, cerco invano qualche pallina sul fondo mentre gli altri, pur di gareggiare in qualcosa, fanno a gara a chi va più a fondo. Mattia esce dall’acqua con dei sassolini e li mostra felice a Bomba che gli sorride, come una mamma farebbe col suo bambino un po’ scemo. Scopriamo che Oliviero è sempre più simpatico, e veniamo raggiunti anche da Mary One: l’antipatia nei confronti di Bruno, il suo skipper rosso malpelo, è decisamente palpabile, lo stesso impassibile Michele si lascia andare a qualche insulto. Peraltro pienamente giustificato.
Di nuovo quando veleggiamo parte la gara tra gli equipaggi, prendo in mano il timone ed in un attimo siamo davanti a tutti, con tanto di filmato da parte di Ga. Dopo aver mostrato la nostra forza, annoiati cerchiamo qualcos’altro da fare: lanciamo il salvagente in acqua e partiamo con la presa dell’uomo a mare. Riuscita in pieno, con l’unico cruccio che se fosse stata una persona vera avrebbe avuto la gola dilaniata dalla potenza di Francy, la vera esperta di queste manovre col mezzo marinaio. L’Avvocato osserva. Garo sonnecchia: delle volte sembra avere una posa da armatore, da petroliere russo, da magnaccia.
Arrivati nella baia decidiamo di attaccarci tutti e tre: grave errore perché Bruno comincia subito a dispensare pillole di saggezza delle quali francamente faremo a meno un po’ tutti, Bomba invece è tutto eccitato perché vuole mostrare a tutti l’efficienza della riparazione fatta al tender. Partiamo alla volta della spiaggia (non dopo che io mi sia tumefatto una coscia sui candelieri di Ottone), il motore dura circa tre minuti, forse a causa anche di una mia sovrastima delle sue prestazioni. In compenso ho la fortuna di stare in gommone con Fede che non riesce ad accendere il suo motore, così decide di prenderlo a pugni e calci dando prova della sua proverbiale calma olimpica.
Dopo un’oretta in spiaggia, come al solito intorno alle sette di sera, torno in barca e c’è un mojito che mi aspetta: sorseggiamo felici sul ponte della barca, con Francy che sgobba come al solito, Garo in accappatoio che fa brutto, Fede seduto che scrive le sue memorie, l’Avvocato che osserva, Bruno che regala puttanate immense. Oramai la febbre di Sampei ha contagiato tutto l’equipaggio: in otto sono fuori a pescare mentre io per la prima volta faccio qualcosa cucinando un risottino (che, secondo Bruno, avrebbe bisogno anch’esso di un po’ di rhum..). Belva pesca un tonno, illudendo su futuri successi: già ci immaginiamo il tender pieno di pesce, meglio di una parabola del vangelo. Mangiamo tranquilli, poi Corrado e Fede tentano di abbrustolire Garo con una Flambuca, ma anche loro si devono poi inchinare davanti all’indianata. Pare che non ci sia molto sincronismo con le altre due barche, così quando decidiamo di cantare loro sono già svenuti in cabina; tentiamo una sortita da Mary One invitati dal pel di carota, a Parello bastano pochi minuti per invaghirsi di una cicatrice sul ginocchio.
Quando sembra che l’insofferenza verso Bruno sia oramai definita, il simpatico skipper milanese decide che noi dobbiamo rifare l’ancoraggio in base a non si sa quale legge del galateo marinaro. Bomba bestemmia qualcosa, ma la sua pazienza infinita vince anche questa volta e così verso le due di notte migriamo poco più lontani; abbastanza lontani per capitare in mezzo a un branco di lucci marini che girano arroganti attorno a Bloody Mary aspettando la pastura e rimanendo rigorosamente a due metri dalla chiglia, ovvero poco oltre la gittata delle nostre lenze. Invano io e Belva rimaniamo svegli per metà notte a combattere con questi pesci di un’intelligenza evidentemente superiore alla nostra e rimaniamo con un bel niet in mano. Potenza degli organismi geneticamente modificati, o almeno così mi piace giustificarlo. Di nuovo la branda ci attende, come ogni sera basta appoggiare il cabezon sul cuscino che già dormo profondamente, il tutto a scapito di Berla che si deve subire qualche concerto in La minore delle mie narici.

Non sopporto svegliarmi la mattina. Non riesco proprio ad alzarmi, a trovare le forze di parlare con le gente, a tenere gli occhi aperti, a fare il cordiale, a trascinarmi verso il bagno o a buttare giù qualcosa per colazione. Devo però ammettere che svegliarsi cullati dal mare, nel mezzo di una baia, con il suono dell’acqua contro le pareti della cabina e quello dei tuffi degli altri… beh non è poi così male. In fondo questa vita non fa proprio cagare. A rovinare in parte la tranquillità che ogni mattina ci pervade sono i programmi per la giornata: come al solito la pensiamo in maniera diversa dagli altri, che però questa volta non sembrano molto intenzionati a sottomettersi alle nostre decisioni. Decidiamo di metterla ai voti, la soluzione è quella di staccarsi dagli altri per continuare tranquillamente da soli.
In tre, in qualità di delegazione diplomatica di Bloody Mary, ci trasferiamo su un’unica barca per comunicare agli altri le nostre decisioni. Usciamo vincitori, ovvero tramite un’azione politica senza precedenti cambiamo ogni piano prestabilito per stare con gli altri e fare quello che non volevamo. Ad ogni modo, a nessuno gliene sbatte più di tanto, basta stare in barca che i posti, per lo meno per quanto mi riguarda, sono tutti bellissimi.
Decidiamo di partire quando un uragano che da quelle parti non si vedeva da qualche decennio si abbatte su di noi e dopo qualche secondo di scoramento l’equipaggio si ricombatta con il seguente schieramento: Francy, Garo ed io sotto coperta facendo finta di fare qualcosa ma in realtà senza nessuna voglia di bagnarci, i cugini al timone, Ga riprende, Belva si mette un cappello di lana modello tonno insuperabile e ancora una volta si dimostra marinaio completo, l’Avvocato esce sotto la pioggia e osserva. Anche sotto il diluvio ci dimostriamo i migliori nel veleggiare, e passiamo le altre due barche dove solo gli skipper sono all’aria aperta mentre tutti gli altri stanno al calduccio. Arrivati nell’isolotto di Cavallo, caliamo l’ancora e ci mettiamo a mangiare, non dopo che Mattia abbia tentato un approccio alla sua amata di Mary One alquanto strano e discutibile (“Mary One Mary One Mary One qui Bloody Mary, Mattia vuole sapere come si chiama quella operata al ginocchio”…).
Dopo qualche notizia flash appresa dal VHF, ce la scialliamo discorrendo sui massimi sistemi del mondo quando il pel di carota via radio ci dà un’imbeccata su un avvenimento imperdibile del suo equipaggio. Incuriositi usciamo e purtroppo assistiamo alla famosa cacatio publica im rada cum sputtanatio magna, alchè la nostra stima nei confronti di Bruno & company raggiunge minimi storici. Qualche minuto dopo invece dobbiamo ricrederci, quando Mary One passandoci a fianco ci epiteta come una barca di finocchi: questo Bruno sarà anche insopportabile ma tuttavia non è così stupido.
Presa coscienza della nostra natura sessuale, ci avviamo nuovamente verso la Sardegna: veleggiamo liberi a fianco di Ottone, e quando prendo il timone possiamo finalmente passarli e lasciarli indiscutibilmente indietro. Durante la navigazione si ripete sempre il solito teatrino: io che chiedo a chiunque di portarmi qualsiasi cosa, i cugini che si lavano i denti, Garo impassibile a fianco del timone, Francy che lavora per la comunità, Berla che si addormenta in posizioni contorsionistiche. Ci alterniamo al timone, le onde aumentano e aiutano Ga nel pulire i piatti, cominciamo a sentire vicina la fine della vacanza. Dopo un po’ il vento sale e la prima raffica mi coglie di sorpresa quando tento di far scuffiare una barca inscuffiabile (o inscucchiarabile secondo Garo): impassibile passo da un timone all’altro navigando la barca in inclinazioni impossibili anche con l’aiuto dei piedi. Gli altri applaudono la mia performance ma preferiscono chiamare Bomba al timone, evidentemente non vogliono emozioni forti. Ammainiamo la vele, salvo scoprire che Ottone è più fico di noi e allora parte la tattica sporca vele+motore.
Arrivati in rada dobbiamo attaccarci al gavitello: punti nell’orgoglio eseguiamo una manovra impeccabile, senza precedenti. Il trucco è nel cambiare i due uomini di prua (Mattia e Belva) con la polivalente Francy. Bastava pensarci prima. Mentre mangiamo si scatena la bufera, cantiamo sottocoperta e litri d’acqua investono Bloody Mary, le note del cielo d’irlanda ci tengono calore assieme al poco alcol rimasto.
La notte si evolve in maniera strana, gli equipaggi si palleggiano tra le barche, qualcuno dorme mentre altri fanno baldoria, le chitarre passano di mano in mano ma alla fine si ritorna sempre all’indianata. Questa volta non siamo tutti, Bomba è stato appositamente svegliato con un bicchiere di birra e un cannone in mano, ma sono le girls di Mary One a tenerci compagnia assieme al loro skipper dopo che il camaleonte è stato accompagnato in barca.
Cominciamo a giocare, ormai guidati dalla routine. Le ragazze si dimostrano sveglie nell’imparare il gioco, Bruno decisamente meno e sbaglia ogni singolo colpo. E deve bere, bere, bere.. Dopo un po’ ci stufiamo e chiacchieriamo del più e del meno, alla ricerca di un argomento che ci accomuni e che crei complicità. Non è necessario però, perché dopo qualche minuto questo argomento si presenta da solo: è il pel di carota che, appoggiato alla poppa, sbocca l’inverosimile emettendo suoni veramente schifosi. Tra il divertito e lo stupito, ci guardiamo e con rara cattiveria infieriamo sullo spavaldo skipper: c’è chi consiglia di abbatterlo, chi gli offre del rhum, chi vorrebbe lasciarlo lì, chi vorrebbe lanciarlo in acqua… fatto sta che è in condizioni pietose, non sembra proprio in grado di affrontare un viaggio in gommone.
Mattia ed io ci autosorteggiamo per prendere il suo posto in branda su Mary One per la nottata, su Bloody Mary sono sconvolte tutte le postazioni letto, ma la novità è assorbita senza grossi patemi. Giunti sulla barca straniera con un atteggiamento quantomeno incuriosito, il Parello ed io drizziamo le antenne quando le ragazze ci accolgono in mutande ma decidiamo di fare i gran signori addormentandoci all’istante (con tanto di concertino in La minore del sottoscritto).

Il risveglio al mattino è impagabile: Bruno al timone che fa lo sborone, sostenendo di aver preso un po’ di freddo la notte precedente e rimproverandoci di esserci svegliati tardi, la barca che si muove non so dove con Oliviero a prua (???). Mattia è già sul ponte quando faccio capolino anch’io con il mio testone: in quel momento stiamo passando a fianco ad Ottone ed è impagabile l’espressione di stupore sulla faccia di Selmo quando ci vede…per me vale tutta la vacanza. Anche Fede ci nota divertito, non esita a chiederci con un labiale decisamente intuibile gli sviluppi della notte (“SCOPATO?”), mentre io gli comunico che eravamo andati lì solo per fare chiusura verso le quattro.
Lentamente ritorniamo verso la nostra barca, dobbiamo portare a terra il quintale di spazzatura che staziona sul tender. Sulla spiaggia ci sono solo fighe, ma il nostro compito è quello dei netturbini illegali per cui dobbiamo ritornare: dei simpatici marinai vestiti di bianco, che poi si rivelano essere la capitaneria di porto, ci aspettano con dei blocchetti di carta al tender. Temiamo il peggio, soprattutto quando Mattia dice che eravamo scesi solo per depositare qualche scoria radioattiva in una discarica illegale, ma i poliziotti del mare ci lasciano andare mentre Bomba insulta il cugino. Oramai ci sentiamo un po’ verso fine vacanza, nessuno ha voglia di abbandonare la barca e siamo anche presi dalla vela. Decidiamo quindi di passare una giornata con il vento e il mare come unici compagni, oltre alle seicentomila barche che ci sono in mare.
Ci alterniamo un po’ tutti al timone, ognuno di noi sogna un giorno di poter avere una barca tutta sua tranne Mattia che oltre a questo si vede già a dispensare consigli a Paul Cayard, mentre guida il suo equipaggio tutto griffato Litfiba Stop al nucleare. Verso pranzo come al solito le pance di tutti noi reclamano cibo, ma la cambusa scarseggia e allora scatta l’insalata “tutto fa brodo”, dove vengono scaricate tutte le scatolette rimaste. Anche Pecus si esaurisce, osserviamo un minuto di silenzio mentre mastichiamo i suoi ultimi rimasugli.
In serata, sporchi, stanchi ma felici e pieni di vento e di sole negli occhi torniamo in porto e barattiamo un pieno di gasolio per la pulizia, un tender semirotto per una serata in pizzeria, un ginocchio di Berla per un paio di salti sui trampolini. La notte di Caniggione ci accompagna fino all’alba, con la terra che si muove in maniera fastidiosa e le barche che sono tutte tristemente ormeggiate, come delle bestie in gabbia.

Bisogna fare la valige e svuotare la barca che, onestamente, abbiamo lasciato in condizioni pietose. Tornerà splendente tra qualche ora per qualche equipaggio entusiasta del quale siamo già un po’ gelosi. Potenza delle imprese di pulizia. Rimaniamo una mattinata intera a fare colazione ad un bar di avvenenti cameriere, godiamo delle comodità di terra, suoniamo De Andrè per strada tentando di tenere in vita quell’atmosfera di vita essenziale che la barca ci aveva regalato, mangiamo pesce e io mi dimentico di pagare, ci abbandoniamo senza forze a quella che pensiamo essere la fermata dell’autobus. Oramai l’accento sardo ha definitivamente preso il sopravvento su di me, che tento di spacciarmi per isolano con qualche commerciante.
Mattia ha svolto il compitino e ha dato il suo numero alla cicatrizzata, che ogni venti minuti viene a salutarci. Io praticamente sto svenendo dal caldo e dalla stanchezza, e non mi importa nulla se l’autobus non arriva oppure è in ritardo. Alla fine andiamo verso la spiaggia, quasi ci scandalizziamo nel dover trovare un buco con il nostro asciugamano tra quelli degli altri, ma purtroppo ci si abitua in fretta e ho già paura di dimenticare tutto quanto vissuto in questi giorni: decido di fermarlo con delle parole una dopo l’altra, in queste righe.
La terra continua ad essere molto poco ferma, prendiamo un autobus che non siamo tanto sicuri che sia quello giusto mentre Mattia, dopo aver giurato di non essere stanco, si addormenta dovunque lo si appoggi. Bomba è già andato via, ci dispiace non dividere con lui anche questi ultimi sbattimenti: in parte ci sentiamo un po’ slegati senza la sua guida. Con il sole che scende, dall’autobus guardiamo tutta la costa smeralda passarci di fianco, è un po’ triste vedere tutte queste case così attaccate e opulente dopo essere stati così soli e padroni di noi stessi in mare. Ad ogni modo probabilmente sono il solo a pensare a queste cose, mentre gli altri dormono e l’Avvocato passa dalla solita catalessi contemplativa alla rituale telefonata amorosa.
Poi il porto, la pizza, aspettare, colonizzare mezzo bar del traghetto, Genova per quasi tutti noi.. ultimi stralci di una bella avventura vissuta tutti insieme.

lunedì, ottobre 04, 2004


un invito Posted by Hello


senza parole.. Posted by Hello

habemus tesim

primi contatti con casimiro. carino carino, non eccelso ma carino.
sarò in laboratorio assieme a riki, si prospetta inverno da cerbero e vacanze in messico. maledetto peyote!

domenica, ottobre 03, 2004

I never fall into pieces because I'm never all together.

venerdì, ottobre 01, 2004

dov'eri finito?

Dov’eri finito?

La prima cosa è l’odore. La seconda, la luce.
La prima cosa è l’odore: acido, forte e caldo. Pino, ginepro ed eucalipto, ma anche agave e buganvillea e poi ancora palme mare e sale. Mi entra nel naso forte, quando abbasso il finestrino tra le ultime curve per sentirmi finalmente arrivato: cinque anni, cinque anni che non venivo. Ma l’odore è sempre quello, e come un pugno in faccia mi porta ricordi, sensazioni, realtà e passato.
La seconda, la luce. Gialla, riflessa, bianca sul mare: entra negli occhi e punge. E all’ultima curva, quella lì, quella che da bambini la mamma ci faceva tenere gli occhi chiusi per poi aprirli e salutare Alassio, ci fa scoprire il golfo, il mare, le case, la spiaggia, la casa della vecchia zia. Questa volta sono solo però, e di tempo ne è passato. Mi diverte sempre pensare che questa vista sia un po’ come quella di Copacabana, una Rio de Janeiro ligure con migliaia di giovani prosperose che mi aspettano sulla spiaggia, sculettanti e poco vestite.
A risvegliarmi dal sogno e dal probabile incidente ci pensa la vecchia zia, che mi aspetta al cancello della villa. Per anni ho passato qui le mie estati: fino a quando sono andato per un lavoro di qualche mese in Germania, a Berlino, per poi rimanerci. Cinque anni. Ma adesso è finita, eccomi di nuovo a casa, o dove si suppone che per me lo sia.
La zia è felice di vedermi, sorride tra le sue rughe e i suoi acciacchi: c’è una complicità particolare tra noi due, è una persona molto difficile e spesso antipatica,ma che con me si addolcisce. Delle volte, ad onor del vero. Mentre scendo dalla macchina e camminiamo in giardino, mi chiede se ho fatto buon viaggio, se mi ricordavo della strada, della casa.
“Sì zia, anche se sono cinque anni che non vengo. Sono anche un po’ emozionato, ho anche un po’ di batticuore, te lo giuro”. E’ vero.
“Ma chi vuoi prendere in giro... proprio te, te che non ti importa mai di nessuno” - e forse è vero anche questo- “Cinque anni, ma dov’eri finito?”
“Diciamo che volevo prendere un po’ d’aria nuova”, le rispondo.
“E adesso ti è passata questa voglia di aria nuova?”, mi chiede ridendo.
Non riesco a rispondere, ammicco un sorriso, ma ogni volta è una spina nel cuore. Come ha fatto a finire tutto dopo tutto questo tempo? Non ce la facevo più a rimanere lì, dove tutto riconduceva a lei. Tornare è stata una scelta quasi scontata, naturale, anche se mi sento come chi torna perdente dalla guerra: delle volte mi sorprendo a fare di questi paragoni e mi sento un verme.
Tutto è uguale a prima: pochi cambiamenti, neanche tanto vistosi. La casa ha qualche crepa, il giardino è un po’ trasandato, ma la cena è sempre la stessa. Minestrone-cotoletta-pomodori-frutta, una sorta di schema da nazionale di calcio, un dogma che resiste tutto l’anno per la zia, e che per me è tanto normale quando mi siedo a tavola in giardino con lei. A cena le racconto un po’ di quello che ho fatto, ma soprattutto ascolto i suoi acciacchi e le sue storie, peraltro spesso zeppe di invenzioni: però sempre originali e ricche di vita.
Dopo aver mangiato la zia si ritira e io passo un po’ di tempo a fare quello che facevo sempre: qualche minuto sul muretto che dà sulla passeggiata ad osservare i passanti, una mezzoretta sul letto a fissare il soffitto ascoltando un po’ di musica. Adesso però quando sono sul letto non penso più alle serate in spiaggia, ai pomeriggi con gli amici in acqua e a quello che la serata può offrirmi: adesso i ricordi sono altri, forti e ancora recenti, e fanno male.
Mi do una sciacquata ed esco, sperando conforto nella notte ligure che immagino non sia cambiata di molto: passeggio tra i vicoli e il lungomare, tante facce conosciute, tanti luoghi familiari. Colori tenui, strade sporche, gente rilassata, odori di vicoli.