mercoledì, ottobre 24, 2007

Attenzione ed entusiasmo

Con il tempo, sto imparando a capire quanto siano importanti l'attenzione e l'entusiasmo in quello che si fa. Il talento, le capacitá, contano sino ad un certo punto: sono la motivazione e l'applicazione che ti portano avanti.
Maradona ce n'é uno solo, tutti gli altri si devono allenare tutti i giorni.

Ma c'é un problema. Questo contrasta con un figlio della generazione del computer, come me. quella generazione cresciuta a pane e spot di trenta secondi. Quella generazione del tutto e subito, pazienza zero. Quella degli articoli lunghi due paragrafi, delle serie televisive a piccoli sketch, dei quotidiani usa e getta del tram. Massí, quella della sveltina.
Ed allora é difficile tenere l'attenzione costante, o l'entusiasmo alto. Attenzione ed entusiasmo cominciano ad andare e venire, ma non come delle onde.

Vanno e vengono a sprazzi. Come al giro d'italia. Come in quelle tappe tra una crono e un tappone, quelle della prima settimana. Dove in gruppo ci sono ancora tutti, e davanti ci sono i gregari del futuro campione che tarellano come dei matti, tanto il giro non lo finiscono. E tu stai lí, in quel pomeriggio ozioso, in poltrona o al bar, con l'estate alle porte. Ed il telecronista parla, parla, riempie il vuoto televisivo di duecento corridori che pedalano con aneddoti sulle specialitá tipiche del luogo, con cartoline del posto, con aneddoti sul numero 126 in gara.
E poi, ad un certo punto, un pirla qualsiasi si alza sui pedali e parte.
Mancano 120 chilometri al traguardo, la media del gruppo é 55 chilometri all'ora, ma lui parte. Si defila sulla sinistra, ed esce dal gruppo come uno spermatozoo impazzito. Uno tenta di seguirlo, ma desiste. La moto della televisione scatta prontissima, lo segue e comunica il numero sulla maglietta. Il telecronista si prende un attimo, deve controllare sulla sua lista il nome del corridore, mica lo conosce quello lí. Dalla regia partono le dritte su nome, squadra, ruolo, ultime prestazioni. Il gruppo non reagisce, continua al suo passo, costante. Quel pirla lá davanti si dá da fare come un matto, sfreccia tra gli sparuti spettatori. Parte anche la telecamera dall'elicottero, che fa vedere la fuga ed il distacco che aumenta: sulla destra, in un prato, si scorge anche un "W LA FIGA" scritto da qualche birba, che sperava proprio in una ripresa dall'alto. E' un bel pomeriggio di giugno.
Il telecronista aggiorna ogni minuto il distacco del fuggitivo dal gruppo maglia rosa, che per i primi dieci minuti aumenta. Sono i suoi momenti di gloria. Lo sponsor lo ringrazierá. Cerca di goderseli, l'espressione sul volto impegnata fa capire lo sforzo e la concentrazione.
Passano altri dieci minuti e il vantaggio si stabilizza definitivamente, e poi ancora senza nessun motivo comincia a diminuire. Ad un ritmo sempre piú veloce. E' impietoso il telecronista, il distacco scende ancora. La moto della televisione glielo ricorda, con delle lavagnette insopportabili. Il vantaggio scende, dall'alto si vede: lo hanno quasi preso. Il fuggitivo si guarda indietro diverse volte, e quando infine vede il gruppo, molla tutto. Sa giá che taglierá il traguardo un quarto d'ora dopo il gruppo.
Lo spermatozoo impazzito viene di nuovo fagocitato dal branco, e dopo pochi secondi é giá difficile scorgerlo in mezzo a tutte quelle maglie. Ridisceso nell'anonimato, con la stessa rapiditá con la quale ne era uscito.
Tra un quarto d'ora ne partirá un altro.
Il gruppo riprenderá anche questo, il gruppo é troppo forte.

Ecco, io penso che delle volte la mia attenzione e il mio entusiasmo siano come questi ciclisti dalle fughe improbabili: belli spunti, poco risultato

lunedì, ottobre 15, 2007

Adoro Flavio Briatore

Trovo pazzesca la velocitá con la quale si dimenticano i sogni la mattina.
Per qualche anno ho tenuto a fianco al letto carta e penna, per avere subito a portata di mano qualcosa su cui scrivere i miei sogni, ed in qualche maniera fissarli.
Poi ho smesso, stanco di decifrare i geroglifici che scarabocchiavo nel mezzo della notte, o la mattina presto mentre mi giravo e rigiravo nel letto come un involtino primavera. Ho scoperto peró che un’altra maniera di fissare i sogni é quella di raccontarli subito a qualcuno, come se questo fosse una prova che i sogni siano realmente accaduti, anche se pur sempre in sogno..
Non so come mai trovi particolarmente irritante il dimenticarsi dei sogni, forse perché sono migliaia di ore della mia vita che rischiano di cadere nell’oblio, e mi fermo a pensare che giá la vita é corta abbastanza per accorciarla ulteriormente.
Comunque sia, oggi mi ricordo cosa ho sognato.
Io e Flavio Briatore siamo ad una cena di gala, una di quelle in quei saloni grandi, con tutti vestiti eleganti e i tavoli rotondi. Al nostro tavolo c’é Elton John, con in braccio un cagnolino insignificante: Elton John é uno di quei personaggi che mi risulta particolarmente indifferente. Verso il buon Flavio invece provo una strana simpatia, visto che rappresenta forse quanto di piú io odii del mio paese: ma forse é la sua maniera sfacciata e sincera di vivere quello che rappresenta che lo fa rientrare tra le mie grazie.
Al tavolo c’é anche qualcun altro, di solito il prezzemolino dei miei sogni é Ale, che se ne sta in disparte.
Mentre stiamo pasteggiando, irrompono due killer armati di mitra, si piazzano di fronte a me e cominciano a far fuoco. Io mi getto ai piedi del tavolo, raggomitolandomi e facendomi piccolo, nella speranza che il legno del tavolo sia una difesa sufficiente. Date le mie movenze feline, i killer non hanno fatto in tempo ad accorgersi di me. Da sotto il tavolo vedo i loro volti eccitati dalla violenza, mentre svuotano i caricatori nella schiena del povero Elton e del suo cagnolino. Percepisco che la mia fine si sta avvicinando, quando, toh, accanto a me trovo un Uzi calibro 9 (600 colpi al minuto) che impugno e punto verso i due assassini. La mia mira non é un granché, ma riesco comunque a prenderli in faccia: chiudo gli occhi per non guardare lo scempio che ho causato.
Mi rialzo, e Briatore si é trasformato in una sorta di Rambo: gli chiedo se lo hanno colpito, lui dice che non é nulla, ma vedo la spalla che gli sanguina e che zoppica. Si avvicina ad Ale, che ora é diventato un vietnamese mio collega di lavoro che sta vaneggiando, sotto shock per la scena. Flavio gli lancia dell’acqua sulla fronte, con un gesto strano e dicendo parole magiche : il cinovietnamita strabuzza gli occhi e, come per incantesimo, improvvisamente si calma.
Mi sveglio dal sogno, neanche troppo agitato. Merito di Briatore.
Magico Flavio. Mai piú senza di te.

lunedì, ottobre 08, 2007

Autunno

Autunno, oramai.
Aria fredda che punge sulle guance. Colletto della giacca alzato e occhi che si fanno piccoli per il sole basso all’orizzonte. Luce gialla. Vento che smuove gli alberi, che fa cadere le foglie gialle, rosse, marroni, secche.
Cammino e le mie scarpe spostano le foglie. Mi piace il rumore che fanno le foglie secche. Mi piace quel suono netto quando le schiacci, e quel fruscio quando le sposti tutte insieme. Cerco di passare dove ci sono piú foglie possibili, per addentrare le mie scarpe in questa giungla di foglie, che non sai cosa c’é in mezzo, cosa c’é sotto. Ed é come quando mi fermo a ricordare, come quando nella mia mente rovisto tra i ricordi, che suonano come foglie secche anche loro: e sono bei ricordi, mi fanno sorridere, mi fanno sentire vivo, mi riempiono di speranza.
E continuo a camminare, e vorrei che la fermata dell’autobus oggi fosse un po’ piú lontana, per potere smuovere altre foglie, per potere rovistare tra altri ricordi, per stringermi di nuovo il colletto della giacca e sentire quella sensazione di calore, per sorridere al futuro.

Autunno, ancora.
L’aria é meno fredda, ma la pioggia scende un po’ pigra. C’é poca luce, e le macchine hanno i fari accesi. Non so se aprire l’ombrello, mentre i miei capelli diventano umidi; non se aprire la giacca, mentre comincio a sudare. Le mie scarpe sono impegnate a non finire in mezzo a delle pozzanghere. Qualche passante ha l’ombrello aperto, decido di imitarlo. Le foglie ci sono ancora, per terra. Ma sono bagnate, appiccicate, piú piccole. Si raggruppano tutte insieme, alcune sembrano marcite. Provo a camminarci sopra, e per poco non cado a terra. Non c’é piú quel suono secco, quel fruscio. Solo il suono della gomma delle mie scarpe che scivola. Tento, anche questa volta, di far riaffiorare qualche ricordo che mi conforti. Non mi viene in mente nulla, e allora forzo qualche ricordo di ieri, quando lo sentivo cosí vivo. Ma non funziona, anche i ricordi sono bagnati, non fanno piú quel bel rumore nella mia testa: sono gli stessi di ieri, ma questa volta non c’é nessun sorriso sulle mie labbra. Mi fanno sentire solo un po’ piú solo.
Cammino, cercando un lato del marciapiede dove ci siano meno foglie. Meno male che la fermata dell’autobus é vicina, penso mentre aspetto che il semaforo sia verde.

martedì, ottobre 02, 2007

Grand Tour de Piroga Pride - tappone a Monaco

Tempo di nuovo trasloco, e tempo di piroga pride. Questa volta a Monaco, per venirmi a trovare.
Come al solito, ci sarebbero molti aneddoti da raccontare. Ci sarebbero anche molti tormentoni, che ci hanno guidato per questi giorni passati insieme, ma quelli se ne andranno, nell’oblio del tempo destinato a scorrere assieme alla nostra amicizia.
Ci sono state sicuramente molte birre, litri di birra, a lubrificare i nostri momenti, ad accelerare le nostre serate, a scomporre i nostri stomaci. La follia di una festa come l’Oktoberfest, all’inizio criptica, poi genuina per quello che abbiamo visto, che ci ha permesso di ballare sui tavoli, brindare con nuovi amici, farci cantare a squarciagola.

Anche il sole bavarese ci ha tenuti in ballo un po’, e dopo essersi negato ed averci offerto agli dei della pioggia, ha deciso di fare capolino nelle nostre mattine assonnate, di disturbare con i suoi riflessi il russo che gioca alla play, di scaldarci ai tavolini di un bar, di rassenerare le nostre passeggiate in una cittá a me ancora parzialmente conosciuta, e quindi parzialmente apprezzata. Temevo che la cucina bavarese non fosse ritenuta all’altezza, ma alla fine i brezel (altrimenti chiamati ‘volanti da formula uno’ da Ale) hanno fatto colpo anche sul resto del gruppo.
Ma ci sono delle cose che non sono mai state in discussione, come le felicitá di stare insieme. E questa é la cosa che mi fa sentire cosí unito, cosí parte di qualcosa. Quando basta uno sguardo per capirsi. Quando si cammina, si gioca, si ride, si mangia tutti insieme. Quando tutti insieme si parla, milioni di parole, centinaia di gesti volti a discutere insieme. E poco importa che ci siano delle eccezioni: dovró segnarmi sull’agendina di non appartarmi in un divanetto con Mattia in un locale buio, i suoi monologhi ricordano quelli di Fidel Castro.

Importa che le cose si vivano insieme, che ognuno porti quello che ha: il suo entusiasmo, il suo talento, la sua cocciutaggine, la sua fedeltá, la sua imprevedibilitá. Importa, ed io ne sono orgoglioso, che ognuno porti quello che ha in maniera umile (chi piú, chi meno..), e che sia pronto ad offrirlo per costruire una cosa insieme: da un discorso importante, alla scelta di cosa fare, al ruolo in un torneo di winning. Per creare quella atmosfera da vix vaporub, che fa star bene. E non per creare quella atmosfera creatasi in casa, che ho dovuto dar fuoco ai divani per disinfettare il tutto. Certo, adesso ho imparato a dover nascondere i miei i capi d’abbigliamento di punta, prima che Fede se ne possa appropriare e di riflesso attrarre lo sguardo delle donne per strada.

Ad ogni modo, non faccio in tempo a provare nostalgia per questi giorni, perché giá penso a quando potremo riincontrarci. Sará forse Sasha a portarci tutti a Hollywood, la capitale del grande cinema, o forse meglio a Budapest, la capitale del grande cinema porno? E Fede, rimarrá nella sua valle ad invitarci ogni weekend, o forse ci soprenderá? Ale invece, metterá finalmente in atto uno dei suoi milioni di progetti, per ospitarci nei peggiori bar di Caracas? Saró forse di nuovo io a spostare questi disperati, questa volta in terra spagnola ? O forse l’avvocato ci regalerá una sorpresa? Per quanto riguarda Mattia, neanche i famosi ricercatori della Pennsilvania sono riusciti a scoprire un algoritmo che preveda le sue scelte...

Alla prossima, e speriamo che sia sempre come é, come é stato, come deve essere.